Il tempo delle attese, come gestire l’ansia dell’indefinito…

Il nostro tempo è prezioso, ma spesso ci ritroviamo a vivere dei momenti in cui le attese sembrano sovrastare la nostra mente a tal punto da non aver pensieri per vivere bene la giornata.


I tempi vuoti, le ansie che accompagnano ogni singolo istante e le reazioni per combattere tale sensazione sgradevole, fanno parte di noi, ma ognuno reagisce in modo diverso. Le strategie coping (le reazioni di un individuo messe in atto dalla mente in modo ciclico ed abituale rispetto a determinate condizioni, soprattutto di stress) sono quelle che ci differenziano in base agli altri secondo degli schemi di comportamento che abbiamo acquisito nel corso della nostra crescita.

Esse sono fondamentali perché ci permettono di razionalizzare e dunque ridimensionare una reazione d’ansia davanti all’attesa. Quando viviamo queste emozioni, il nostro organismo vive un forte momento di stress. Davanti all’ignoto, cerchiamo di ritualizzare le azioni per una forma di adattamento, di far passare il tempo con la messa in atto di azioni che ci riportano a normalizzare la situazione.

Possiamo avvertire queste sensazioni quando, ad esempio, aspettiamo la risposta ad un esame effettuato, come un quiz di matematica o la notizia che ci cambierà la vita, si tratta di situazioni-margine che possono incidere profondamente ed è per questo che il nostro organismo va in allarme.

Le strategie coping, tra reale e virtuale


Nella nostra epoca dove il momento delle attese viene rimpiazzato da numerosi diversivi, l’ansia sembra essere catalizzata attraverso nuove strategie coping, che non appartengono quasi più all’azione che sfocia nella vita reale, ma in quella virtuale con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Per questo motivo sembra che il tempo passi velocemente, che le persone sono sempre più lontane e si percepisce l’indifferenza delle emozioni; in realtà, non facciamo altro che rendere latenti questi stati d’animo attraverso la sublimazione di una vita virtuale che sembra essere un palliativo a quella reale.

A prima vista tutto ciò sembra essere un modo innocuo per vivere le attese e invece trascuriamo il fatto che non ci ascoltiamo e non abituiamo la nostra mente ad adattarsi a situazioni che richiedono solo una buona gestione dell’ansia.

In questo caso il nostro tempo, nella fase di attesa, viene impiegato in attività cerebrali che acutizzano la sensazione d’ansia, in quanto al momento sentiamo un benessere relativo, ma subito dopo il nostro cervello chiede maggior distrazione, una fruizione sempre più ampia di “social” per sentirsi meno solo in quest’attesa.


Non è un caso che la condizione di dipendenza dalla “vita virtuale” scatti proprio quando ci sentiamo turbati da qualcosa che ci accade e non lo sappiamo gestire. Alla stregua di questo discorso prevalgono due punti:


1) Abituare la mente a gestire lo stress con esercizi di razionalizzazione, come capire che non c’è nessun “pericolo” e ridimensionare la paura che un’ansia d’attesa produce.


2) Azionare la mente a reagire sfruttando il tempo delle attese in attività che producono un reale senso di benessere e non alterano il sistema nervoso (una passeggiata sarebbe davvero ideale, leggere un libro che ci piace, telefonare ad un amico, fare lavori di casa, scrivere, etc.etc.)


Il nostro tempo è prezioso, come ho ribadito all’inizio, sfruttiamolo con saggezza anche quando sembra “morto”.

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